LA “CASTA” INCONSAPEVOLE

Nella vita mediatica del paese, campeggiano ormai sempre le stesse
notizie.

Il dibattito Nazionale si divide tra le vicende vaticane, l’ingovernabilità,
Grillo, il semestre bianco della Presidenza della Repubblica e chi sarà la
lepre e chi i cani nella corsa al Campidoglio.

Il dato delle elezioni parla chiaro, non è importante l’ideale, non è
sostanziale la proposta, conta solo chi strilla di più contro “la casta”.

Del resto dopo oltre venti anni di B. come si fa a pensare che la Politica
possa essere al centro di una discussione sana.

Ormai siamo nelle giungla. Quando il popolo ha fame taglia la testa al re
e qualcuno ci guadagna sempre; in questo caso lo share e la tiratura della
carta stampata.

Queste righe non vogliono essere l’ennesima analisi del voto, della
sconfitta, della vittoria di Bersani di Grillo o del Professore senza cattedra.

Si vuole mettere in luce ciò che conviene rimanga al buio, chiuso in
soffitta.

Abbiamo sentito discutere, con molta ipocrisia, del finanziamento pubblico
ai Partiti.

In tutto questo, come al solito, ci si dimentica del popolo che taglia la testa
al re.

Ci si dimentica dei lavoratori dell’ILVA, ci si dimentica del 35% di
disoccupazione giovanile. Questo dato è basato sulle liste di iscrizione al
collocamento, dove dubito che tutti i giovani di questo paese siano iscritti,
quindi un dato tendenzialmente falsato in difetto. Chi ne fa le spese,
quindi, sono sempre gli stessi.

Ma non confondiamo le cose, procediamo un passo alla volta, prima
gattonando e poi mettendoci in piedi.

Finanziamento pubblico ai partiti, trovo particolarmente singolare, che il
tema riguardi solo un partito, cioè il PD, ma altrettanto strano è che i più
accaniti “medici” della malattia, con proposte e dossier, siano giornali e
case editrici che tra l’incudine ed il martello, beccano complessivamente
850 milioni di euro dallo Stato italiano.

Vorrei, per un secondo, immaginare una Italia in cui i partiti si debbano
auto-finanziare: cosa succederebbe?

Ogni Partito – Movimento – Lista cercherebbe dei finanziatori privati, cioè
detentori di grandi capitali pronti a sovvenzionare un sistema di persone,
corde e cordate, legati da un simbolo, con il fine di sedersi comodamente
dentro palazzo Chigi.

Quali sarebbero le conseguenze più immediate?

Chi in Italia si può, oggi, permettere di sovvenzionare, in maniera più o
meno pesante, un partito? Un giornale?

Partendo dal dato che il 10% delle famiglie detiene il 50% della ricchezza
in Italia, si può facilmente desumere che solo quel 10% potrebbe, nel bene
o nel male, investire soldi nella politica e che, di conseguenza la politica,
la democrazia, le decisioni, la sorte del restante 90% delle famiglie
dipenderebbe non da un voto democratico, non da ciò che la nostra
Costituzione prevede, ma da quello di cui quel 10% ha bisogno.

In questo contesto, per i detentori di ricchezza, il finanziamento ad un
partito o movimento non sarebbe altro che un investimento in quanto i
soldi “investiti” sarebbero ampiamente recuperati con appalti, candidature
a Camera o Senato oppure incarichi pubblici molto redditizi. Il dato si
evince chiaramente se guardiamo ad un partito formato da imprenditori,
banchieri alti dirigenti privati e persone che vanno ricompensate (con un
posto in Parlamento o in Consiglio Regionale), per i loro servigi resi al
“capo”. Il finanziamento ai partiti è, quindi, un falso problema: il problema
vero è il livello di questi finanziamenti e come essi vengono utilizzati.
Stranamene, quando si parla di sperpero di danaro pubblico, non si parla

mai degli stipendi di dirigenti (nemmeno tanto alti) dello stato. Non si
parla di meccanismi assurdi che producono pensioni esorbitanti e di enti,
finanziati dallo stato, che elargiscono stipendi da favola ai loro dipendenti.
Quello che è peggio e che questa fascia di persone non viene toccata! Si
chiedono sacrifici solo a pensionati, operai ed impiegati. Come se i conti
dello stato non tornassero per loro colpa e non per lo spreco che viene fatto
dei soldi pubblici.

Credo che questa sia solo la punta di un ice-berg.

“Quando si chiedono sacrifici alla gente che lavora, ci vuole un grande
consenso, una grande credibilità politica e la capacità di colpire esosi e
intollerabili privilegi.”
E. Berlinguer

Questo, dovrebbe essere oggi al centro del dibattito politico, questo
dovrebbe interessare tutti noi.

E invece no, si continuano e si sovvenzionano guerre fratricide che non
fanno altro che allontanare le persone dal loro futuro, dalla Politica.

Non si può pensare che tagliando, tagliando, tagliando, si arrivi in qualche
modo alla soluzione del Problema.

Non si può cedere a chi con anatemi ed insulti si fa largo a spallate,
prendendo in giro gli italiani con false promesse, urla e strilli e mettendo in
dubbio la democrazia. Democrazia che porta sulle spalle la vita di migliaia
di nostri concittadini, vite spente sempre di più, in ogni decennio tra lo
scorso e questo secolo.

Non si può permettere o dare quartiere al ritorno di parole d’ordine basate
sulla violenza, sull’odio, sull’ambiguità del populismo.

Non si può, oggi, non pensare, di Difendere la Ditta e salvare solo se stessi
o la propria sorte e carriera.

Difendere la Ditta vuol dire difendere la possibilità di un futuro,
democratico e di pace, per noi e per i nostri figli.

Io credo che per “proseguire il viaggio” non sia necessario andare molto
lontani, a tale proposito prendo a spunto, per mettere a conoscenza di chi
lo ignora, pur sedendo nelle istituzioni, e di chi l’ha dimenticato, l’articolo
4 della Costituzione, che recita così:

“La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove
le condizioni che rendano effettivo questo diritto.”

“Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità
e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso
materiale o spirituale della società.”

Io credo che oggi questo non avvenga! Credo fortemente che nel minare
la democrazia, nell’accendere solo la macchina del fango, perché pagati
per fare solo ciò, più di qualche “cittadino” disattenda l’essenza stessa di
questo incommensurabile articolo della nostra Costituzione.

Nel disattenderlo, cui prodest?

A chi conviene, riflettete!? Mentre parliamo delle frasi show, senza ragion
pratica, di grillo, chi continua a mangiare soldi, chi continua a guadagnare
più di 450 volte lo stipendio medio dei suoi operai?

E’ chiaro che la condizione va migliorata, che ci sono colpe, che ci sono
sprechi, che c’è corruzione, che c’è un becero arrivismo, che si guarda più
al bene personale che al bene del Comune.

Ma non si può eliminare questo se non si riesce a restituire dignità al
lavoro e lavoro a chi non ne ha.

Una volta che al popolo, alle persone, verrà restituita la possibilità di
non pensare più solo al quotidiano, allora e solo allora, saremo pronti a
cambiare il paese, allora e solo allora potremo portare una rivoluzione
culturale e civile che finalmente consegni il nostro paese ad una reale

terza repubblica, poggiata saldamente sull’ambizione di una società che si
migliora.

“Nessuna conquista è per sempre. C’è sempre qualcuno che è interessato
a toglierla per questo resistere è non solo un dovere ma una necessità.
Altrimenti non si va avanti.”

L.D.T.

VOTARE PD, CON LA TESTA

gdnazCretro
Le elezioni per il rinnovo del Parlamento della Repubblica sono sempre “storiche”, importanti, decisive,
possono segnare l’apertura di un ciclo nuovo. Se guardiamo a tutte le campagne elettorali sia quelle dei
vincitori che quelle degli sconfitti troveremo più o meno sempre le stesse proposizioni . E’ normale, bisogna
motivare l’elettorato, dare un motivo ai militanti per trovare anche l’ultimo dei possibili elettori.
Queste elezioni, quelle di febbraio 2013 non sfuggono a questa regola. Quello che colpisce più di altre volte
non è tanto, quindi, la retorica in campo ma la situazione, il contesto di queste elezioni . Se guardiamo al
Paese vediamo un corpo stanco, avviato ad un inevitabile e triste lento dissolversi. Otto anni di governi
Berlusconi (2001-2006 e 2008-2011 a maggioranze variabili), hanno avuto l’effetto di polverizzare il Paese,
i suoi legami. Occupandosi solo dei propri affari e lasciando in secondo piano tutto quello che non rientrava
nei suoi stretti problemi personali, il Governo di Berlusconi ha affrontato nel peggiore dei modi l’avvento
della crisi. Al malgoverno si è aggiunta la questione morale fomentata dal contesto di un partito, il PDL che
per consentire al capo di farsi gli affari è diventato nel tempo sempre più simile alla gag di Guzzanti del
programma l’Ottavo Nano. Ognuno nel PDL fa un po’ come ca… gli pare. Risultato i casi Lombardia, Lazio,
Molise, e i ripetuti scandali nazionali. Che effetto ha prodotto nel Paese tutto ciò? Ha favorito il clima di
qualunquismo e il distacco delle classi popolari dalla democrazia., ha fomentato il già non fortissimo legame
tra i cittadini e lo Stato polverizzando definitivamente le speranze nate con la fine della Prima Repubblica.
Era il 2001 quando si prometteva un “nuovo miracolo italiano” e a distanza di 12 anni di miracoloso c’è
solo la regressione del Paese. Sul fronte economico gli indicatori lo dicono senza pietà e basta ricordare
che il Governo Berlusconi eletto del 2008 con la maggioranza più grande della storia della Repubblica è
caduto perché non aveva i numeri in Parlamento per approvare il bilancio dello Stato; sul fronte delle
riforme nulla di fatto, spaventosa la regressione del Paese sul piano civile, eterna ricerca di soluzioni
miracolose e di occulti nemici che impediscono di fare quello che si vuole. Nel 2013 l’Italia parte da qui. Un
Paese avviato ad una triste decadenza ma anche, e giustamente, arrabbiato. Il buco aperto da una classe
dirigente irresponsabile e predatoria, lascia spazio all’avventurismo.gdnazAfronte
Di fronte a noi abbiamo un quadro complicato, per la prima volta dal 1994 non ci sono solo due poli
che si contendono la vittoria, ma sono almeno quattro le forze politiche che si contendono un ruolo
rilevante per la formazione del Governo del Paese, e a voler essere precisi esiste anche una quinta
forza, Ingroia con la sua Rivoluzione Civile. Cosa significa tutto ciò? A mio avviso significa quel distacco
prodotto dall’irresponsabilità del centrodestra italiano oggi ha travalicato i confini del PDL e dei suoi
alleati, finendo per coinvolgere la classe politica del Paese. Gli italiani reagiscono cercando soluzioni
diverse, non tradizionali, anche ibride. Si ri-scatena la “caccia al nuovo” come nel 1993 – 1994. Riprende
fiato quel “benaltrismo” che è un tratto storico della cultura politica degli italiani. Serve sempre qualcosa
di più forte, di più radicale, di più nuovo perché l’asticella del degrado è così in alto che non bastano i
metodi tradizionali per correggere il Paese e, soprattutto, serve qualunque cosa che sappia poco di politica
tradizionale.gdnazAretro
Ad onor del vero il biennio di esperienza di centrosinistra non ha offerto certo motivi di esaltazione, tra
senatori troskisti, citazioni di Neruda e speranze di sopravvivenza affidate a senatori a vita centenari. Ma
oggettivamente, da allora quanta strada è stata fatta nella casa del Partito Democratico! Quel partito si
è confrontato ripetutamente con l’elettorato (anche per selezionare i segretari di sezione all’inizio) ha
affrontato congressi e confronto politico interno, ha selezionato apertamente la sua leadership e gran
parte del suo gruppo parlamentare. Ha cambiato i suoi leader, ha provato ad elaborare linee originali
per impostare un nuovo modello di sviluppo, ha portato al governo di importanti realtà del Paese suoi
esponenti o membri della propria coalizione (Pisapia Sindaco di Milano con il PD primo partito della città).
Se questo Paese ha una minima possibilità di uscire dal tunnel sta in un radicale cambiamento delle ricette
e dei metodi della politica. In economia, nel settore dei diritti, in politica estera o nel settore della giustizia,
al Paese servfe una grande iniezione di serietà e di capacità. Diceva Berlinguer che:” Quando si chiedono
sacrifici alla gente che lavora, ci vuole un grande consenso, una grande credibilità politica e la capacità di
colpire esosi e intollerabili privilegi.”gdnazBfronte
Sul consenso, oggettivamente nell’Italia di oggi ce l’ha solo il Partito Democratico. Unica forza politica che
ricorda i partiti europei è l’unico “produttore” di classe dirigente diffusa nel paese non estemporanea, non
legata a figure carismatiche, capace di governare tanto i piccoli comuni di cui è ricco il Paese tanto le grandi
realtà d’eccellenza.
gdnazBretro
La credibilità è un capitale delicato e preziosissimo che il Pd ha provato a ricostruire a contatto con le
persone, la propria base. Ha scelto il suo candidato alla Presidenza del Consiglio, gran parte dei suoi
parlamentari affidando la scelta alle preferenze delle persone. Ed ha fatto rispettare il suo codice etico
eliminando gli eletti delle primarie che non rispettavano tale codice. L’ha fatto forse con qualche limite,
forse qualcosa si poteva meglio ma noi per lo meno l’abbiamo fatto. Non è tutto quello che serve per
ricostruire la credibilità, ma chi ha fatto così tanto? Ingroia? Grillo? Berlusconi con i suoi candidati in fuga
per non essere depennati? Non si chiede un atto di fede nel voto al PD ma un atto consapevole, che guardi
alle cose fatte. Certo per la credibilità non basta solo questo, bisogne provarlo andando al Governo, ma per
questo serve il voto delle persone il 24 e 25 febbraio.
La capacità di incidere sui privilegi esosi e intollerabili è una priorità inevitabile. La crisi e il centrodestra
hanno trasformato il Paese in un mix esplosivo tra corporazioni e sparate populiste. Berlusconi è stato il
garante politico di un compromesso per cui, in cambio di qualche elemosina ogni tanto e la sostanziale
promessa di non punire mai niente e nessuno, ai potenti ed agli “amici” si è consentito di fare di tutto e di
più (spesso a spese delle casse pubbliche), ai poveracci è stata “regalata” una pubblica amministrazione ( in
senso esteso) inefficiente o qualche volta corrotta. Si è prodotta così l’educazione al fare da sé, che però in
condizioni di forte diseguaglianza significa solo la sopravvivenza dei più forti o dei più cinici e furbi, con la
conseguente sistematica ricerca del “nemico” che blocca lo sviluppo. Chi può rimuovere questa cancrena?
Chi se non il Partito Democratico e Pierluigi Bersani possono fare da garanzia verso il mondo che questo
Paese non sta tornando al Medioevo? Chi se non il PD? Chi se non il PD può garantire di provare a fare tutto
ciò evitando che a pagare sia sempre Pantalone?

Quello che si chiede agli italiani, e soprattutto ai più giovani, il 24 e 25 febbraio è di votare con la testa.
Di scegliere l’unica forza politica che può produrre il necessario grado di consenso . Siamo pieni di pifferai
magici, è anche giusto che sia così dopo otto anni di Berlusconi. Ma a maggior ragione noi ci dovremo
mettere tutta la capacità, la volontà e il consenso che un Partito come i Democratici sono in grado di
produrre, ma dal popolo italiano, sovrano, serve un primo importantissimo passo. Una comunità, anche
grande come l’Italia, non si salva se non è assolutamente convinta di volersi salvare. A questa tornata
elettorale, salvare il Paese, rifarlo, significa votare Partito Democratico. Altre soluzioni sono affascinanti,
evocative, perfino eccitanti ma mancano delle condizioni minime per riuscire nell’incarico. Di una cosa
sono certo, se il prossimo Parlamento non mette in campo una vigora correzione alla situazione attuale
del Paese non è più detto che sarà un Parlamento democratico a poter più svolgere quel compito perché
anche le istituzioni hanno un limite di credibilità. Dare forza al PD oggi, significa tutto sommato cercare di
preservare la Repubblica democratica e provare a riaprire per gli italiani una prospettiva di vita dignitosa.
di Domenico Romano
gdnazCfronte

Alleanza con Monti: Si o No

MONTI SI
Gli anni che verranno saranno decisivi per la ricostruzione dell’Italia. Economia, istituzioni, ruolo del Paese in Europa e nel mondo un tessuto di solidarietà nazionale, tutto dopo il ciclone Berlusconi è da ricostruire. Per farlo bisognerà unire la forze, e nello specifico unire chi vuole un Paese normale. Non è pensabile con poco più del 30% dei voti, data la storia del nostro Paese, che una ricostruzione del genere avvenga senza collaborazione tra le forze europeiste del Paese. Tutto ciò rende inevitabile la collaborazione tra le forze riformiste e progressiste e quelle liberal moderate, perchè come ha dimostrato l’esperienza di Berlusconi anche la più solida maggioranza numerica può sfaldarsi facilmente. La posta in gioco di questa legislatura è la sopravvivenza delle istituzioni democratiche, e questa partita va vinta convincendo il massimo delle forze politiche del Paese. Ecco perchè Monti (e montiani) si.
di

MONTI NO
Non vogliamo l’alleanza con monti perché ci siamo accorti in quest’ultimo anno che i suoi obbiettivi sono molto diversi da quelli del Partito Democratico, nel suo progetto non ci sono evidenti azioni che vogliano aumentare la crescita del paese, In più lo si può definire una persona disonesta e non chiara, la sua promessa era quella di aiutare l’Italia in un periodo difficile, ora che questo periodo è terminato il suo scopo è finito e deve mettersi da una parte, continuare significa che ha trovato interessi che non sono degni di questo paese e di questa politica da troppo tempo rovinata da Berlusconi. Concludo dimostrando che il suo essere tecnico ha creato dei problemi molto grandi all’Italia quasi a livelli dei Berlusconiani, invito tutti al Senato a votare PD cosicché il Partito non avrà bisogno di alleanze!

di “Turco”

Le istituzioni si tingono di rosa

Tag

, , , , ,

Immagine“Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini”.

L’articolo 51 della Costituzione fatica a realizzarsi in un Italia dove quotidianamente le donne vedono violati i propri diritti (vedi l’ignobile costrizione alla firma delle dimissioni in bianco), dove ancora non c’è parità di retribuzione e dove le donne si vedono spesso sbarrato l’accesso ai posti di comando.

 

In un Paese dove “ogni 2-3 giorni un uomo uccide una donna perchè non concepisce che possa essere libera di vivere come vuole” c’è bisogno di un cambiamento culturale prima di tutto. 

Si deve al più presto invertire la rotta di un ventennio dove politica e televisioni commerciali hanno propagandato un immagine della donna ancora solo casalinga e moglie, mai lavoratrice, e comunque sempre subordinata all’uomo. In Italia, infatti, “continuano a persistere concezioni conservatrici, luoghi comuni, pregiudizi, atteggiamenti sessisti e violenti che sono all’origine della sistematica discriminazione delle donne e della violazione dei loro diritti fondamentali”. 

Dopo il One billion rising, l’urlo globale contro la violenza sulle donne, e dopo l’accorato appello di Luciana Littizzetto, si è riaccesa l’attenzione su questo piaga sociale, politica ma soprattutto culturale che affligge il nostro paese. Il disegno di legge per contrastare il femminicidio, presentato dalla senatrice PD Anna Serafini, è un primo passo per fermare quest’emergenza, ma per garantire le pari opportunità ancora molto c’è da fare. Una maggiore presenza delle donne nelle istituzioni è una garanzia che questi problemi non saranno più ignorati.

 

In Italia, come in Europa, la presenza femminile nelle istituzioni è ancora minoritaria. Altrove le cose sono cambiate radicalmente. Lì dove i palazzi del potere una volta erano patrimonio esclusivo di generali e caudillos, oggi Dilma Rousseff è al governo del paese che è il gigante politico, economico e demografico dell’America Latina, e la presenza femminile nelle istituzioni del subcontinente è rafforzata da Cristina Kirchner, alla guida dell’Argentina, e da Laura Chinchilla in Costa Rica. Forse passeranno ancora decenni prima di vedere in Italia una donna-presidente, ma il Partito Democratico ha rimesso al centro della sua agenda la promozione delle pari opportunità ed è intenzionato a seguire una politica volta a cambiare la millenaria cultura maschilista italiana.

 

L’odiato Porcellum rischiava di mandare in fumo le opportunità di cambiamento che si aprono con le elezioni politiche e regionali del 24-25 febbraio, ma le primarie del Partito democratico hanno restituito la parola ai cittadini e, obbligando a dare almeno un voto dei due a candidati di sesso femminile, si è realizzato il proposito dell’art 51, la promozione delle pari opportunità. 

Grazie alle Primarie il 40% dei candidati del Partito democratico alla Camera, per la prima volta nella storia della Repubblica, sarà di sesso femminile. Un piccolo grande passo nella Modernità.

di Chiara betto

Come sopravvivere al ritorno del Re

Tag

, , , , ,

berlucornaSissignori, Egli è risorto dalle ceneri. Ancora una volta, con amore. E già leggo in giro mille
lamentele perché “si torna a parlare di Silvio Berlusconi”. Ma perché, dove era finito?
Vi darò uno scoop: era sempre qui, non se ne è mai andato. Come non se ne era andato nel ‘95 e neanche nel 2006. Suvvia, quante volte lo abbiamo dato per morto? Quante volte abbiamo scritto un coccodrillo per il Caimano? Quante volte ci siamo galvanizzati per vittorie referendarie e ottimi risultati alle amministrative? E’ da vent’anni che abbiamo solo due scenari, con lui in campo: o stravince o perde di misura, riuscendo a paralizzare tutto e cucinando a fuoco lento l’avversario.

Certo, stavolta tutti i suoi alleati sembravano avergli voltato le spalle: ma sono l’unico a ricordare il Bossi del ’94 che dava del mafioso al cavaliere? E il Fini del 2007 che diceva “siamo alle comiche finali, non torneremo all’ovile perché non siamo pecore”? E con chi si sono alleati questi signori nel
2008? Ecco, bravi. E infatti Maroni ha subito trovato una supercazzola per giustificare l’ennesima alleanza della Lega col PdL, dopo avergli sparato addosso per mesi. Che sorpresa!

Ma vi dirò di più: non solo Berlusconi era ancora in campo, ma a differenza delle altre volte in cui era stato temporaneamente sconfitto, stavolta conservava pure una schiacciante maggioranza parlamentare. La sua ombra ha aleggiato persino sulle primarie del centrosinistra: alla fin fine non ha importanza che i suoi endorsement a uno dei candidati premier del PD fossero baci della morte consapevoli o sinceri elogi. Persino il fatto che ci possano essere stati o meno inquinamenti del voto alle primarie, conta poco. Magari Silvio ha semplicemente “trollato”, ma ha ottenuto lo scopo prefissato: divide et impera. Anche la caccia al voto del berlusconiano deluso durante le primarie, il tentativo di essere più appetibili per quell’elettorato, tradiva questo timore: Berlusconi era ancora considerato una minaccia, un tipo che poteva tornare a farsi votare da milioni di italiani con uno schiocco di dita. E i vari ex-berlusconiani che si stavano per buttare su Grillo stanno già tornando da lui: alla copia si preferisce sempre l’originale.

Certo, tra giravolte, deliranti marce indietro, il far cadere Monti per poi dichiarargli amore eterno e addirittura proporlo come suo candidato premier, salvo poi rimetterlo nella sua lista nera, i suoi “mi candido, non mi candido, anzi sì, mi candido”…questo Berlusconi crepuscolare non assomigliava a quello del finale del Caimano di Moretti, ma più al Moretti di Ecce Bombo: non ci pensate, non tranquillizzatevi. Vi siete distratti un attimo ed eccolo lì, che conquista il pubblico della D’Urso, che stringe la mano a Travaglio e Santoro, prima di annichilirli, mangiarli, digerirli e ruttarli (a proposito, grazie per avercelo resuscitato, Michele: roba che a confronto Giletti e Floris sono Woodward e Bernstein). Paura, eh?

Che succede adesso? Beh, per cominciare, nel mondo della sinistra (e non) c’è chi s’è messo a dire che è colpa dell’esito delle primarie del centrosinistra se Berlusca s’è ricandidato. Per come la vedo io è tutto molto semplice. Berlusconi ha banalmente messo in campo il candidato più potente che aveva: se stesso. Seriamente, pensate che un Alfano o un Samorì o un Ciocorì o una Meloni photoshoppata possano prendere più voti di lui? Ma poi, sarà una colpa della sinistra se non abbiamo una destra seria in Italia? Ma che, dobbiamo fare tutto noi, per caso? Basta dirlo, eh.
Poi c’è chi dice che la sinistra non avrebbe dovuto candidare un premier ex-PCI, perché così c’è il rischio (anzi, la certezza) che Berlusconi agiterà contro di lui lo spauracchio del comunismo. Ecco, anche questi timori sul “presidente comunista” dimostrano che il maccartismo (di cui Berlusconi è stato massimo interprete in Italia) non è ancora morto: alcune polemiche nelle ultime primarie lo confermano.

Comunque diciamola tutta: se abbiamo così tanta paura di Silvio che l’unica speranza che abbiamo di vincere è che non si ricandidi, allora tanto vale che chiudiamo pure baracca e burattini, eh. Ormai è fatta: Berlusconi, chiaramente, non ha mai pensato davvero alla successione: “après moi le déluge”, dopo di me il diluvio, questo il suo motto. La gente ha votato le coalizioni di Berlusconi perché c’era Berlusconi. “Berlusconi” è un bollino, un marchio, un brand, un franchising. La gente votava l’inutile prestanome perché dietro c’era Lui. Lo so io, lo sapete voi, lo sanno loro.
La buona notizia è che Berlusconi sa fare solo un tipo di campagna elettorale: sieteisoliticomunisti, aboliremolici, restituiremolimu, menotassepertutti, millemilapostidilavoro. La brutta notizia è che alla maggioranza degli italiani quel tipo di campagna elettorale PIACE.

E non finisce qui: sappiamo tutti cos’altro aspettarci, e non sarà l’assenza di Fede o Minzolini a impedirlo. Pitbull sinistrorsi azzanneranno ignari passanti, zingari comunisti rapiranno neonati, immigrati senza permesso di soggiorno stupreranno e uccideranno a tutto spiano. Lo abbiamo già visto. Miseria, terrore e morte. Anche la Chiesa, con le sue parole abominevoli su “aborto, eutanasia e matrimoni gay gravi minacce alla pace”, è entrata in clima da campagna elettorale, almeno fino a quando non s’è ritrovata tra capo e collo le dimissioni di papa Ratzinger (che senonaltro ha temporaneamente distratto loro dalla politica e i media da Berlusconi). Il PPE, d’altro canto, ha cercato in tutti i modi di far andare d’accordo Monti e Berlusconi, per farli stare insieme, magari come poliziotto buono e poliziotto cattivo dello stesso schieramento politico. Cosa ci dimostra tutto questo? Che la destra italiana (ma anche europea) ci ritiene più rivoluzionari (e pericolosi) di quanto non faccia il nostro sfiduciato popolo di sinistra.

Che fare, allora? Cominciamo dalle basi. Notizia flash: Berlusconi non è Campanellino di Peter
Pan. Anche se affermate di non credere alle fate e ai piduisti, non sparirà. Far entrare l’hashtag #nonlovoto tra i TT e convincersi che non esista non farà diminuire i suoi voti. Quindi? Cori gospel, manifestazioni, concertoni di protesta? Ma sì, tutto fa brodo: faccio solo notare che, come scrive il mio adorato Bucknasty, “ballare la pizzica scalzi e trascurare la propria igiene intima non sono un metodo efficace per impedire la rielezione di un politico”.

Un sano allenamento potrebbe essere quello di non leggere gli articoli dei vari finto-terzisti: giornalisti anche molto intelligenti e arguti, che han sempre giustificato e minimizzato qualsiasi nefandezza berlusconiana spacciandosi per “equidistanti”. Panebianco, Galli della Loggia, Battista, Ostellino: se sei giovane probabilmente manco sai chi siano. Continua così. Se sei malato di politica come noialtri, invece, li conosci fin troppo bene. Ecco, se li conosci li eviti. Salta a piè pari, consiglio mio, anche i vari articoli di retroscena con le varie voci di corridoio, i “si dice che” e roba simile: sport nel quale Maria Teresa Meli è campionessa nazionale. La tua bile ringrazierà e soprattutto eviterai di perdere tempo prezioso in elucubrazioni inutili: se non ti fidi, controlla pure quanti di questi retroscena si sono rivelati affidabili e veritieri, in passato.

Quando Berlusconi è sceso in campo qualcuno di voi manco era nato: io avevo 10 anni. In tutti
questi anni di berlusconismo, se c’è una cosa che ho capito è questa: non c’è un metodo esatto per
affrontare Berlusconi. Se lo ignori, non lo nomini e lo chiami “il principale esponente dello
schieramento a noi avverso”, vince lui. Se lo critichi, fai antiberlusconismo e vince lui. Se scrivi
articoli come questo, sei un radical-chic spocchioso che non sposta un voto che sia uno. E così via.
Alla fin fine, solo una cosa puoi fare per batterlo: non votare lui. E ricordare che le fasi di
antipolitica sono quelle che lo avvantaggiano: lui i suoi voti ce li ha, in fondo. Quando è in fase
calante può sperare solo in una cosa: che gli “altri” vincano male. E si sa, a noi questa sinistra
delude spesso, perché hanno sbagliato spesso, perché qualcuno è di troppo e non lo capisce, perché
qualcuno è francamente imbarazzante e così via. E poi ci sono gli scontenti, quelli che non votano il
centrosinistra perché forse, chissà, se non avrà i numeri potrebbe allearsi con l’Uddiccì…quindi siccome mancheranno i voti degli scontenti, il centrosinistra non avrà i numeri e forse sarà costretto ad allearsi davvero con l’Uddiccì, per governare. Si chiamano “profezie che si auto-avverano”, pensateci. Detto ciò, non cercherò di convincervi con la scusa del voto utile e del meno peggio, che sennò peggioro la situazione.

Un’ultima cosa posso chiedervi: siate vigili, studiate la Storia (quella recente, soprattutto) e ricordatevi bene chi e cosa è stato Berlusconi. No, il problema vero non è “fa le corna, fa cucù, è poco educato” e neanche “va a letto con le prostitute”. Se per voi Berlusconi è solo questo, allora non avete capito bene la portata del personaggio. Poi c’è la domanda da un milione di dollari, quella che quasi tutti si sono fatti almeno una volta nella vita: Berlusconi è mafioso? Chiunque si è fatto la sua idea su questo, la verità la sapremo chissà quando. Ma il punto, di nuovo, non è questo. L’unica cosa certa è questa: Berlusconi è un italiano che ha avuto nelle sue mani un immenso potere e che non ha avuto scrupoli nell’esercitarlo nel modo più spregiudicato, mettendo a repentaglio l’Italia e gli italiani per i suoi scopi personali. Per dirne solo una: persino Andreotti ha accettato di sottoporsi a processo, Berlusconi invece ha rischiato di distruggere lo Stato di Diritto e la giustizia italiana, pur di sottrarsi ai suoi processi.

Questo potete fare: dimenticatevi di quanto vi sembri ridicolo, vecchio, al capolinea. Ricordatevi
che l’avete già pensato in passato, sbagliando. Guardatevi i suoi vecchi video, le sue vecchie dichiarazioni. Guardate com’era Berlusconi quando era potente (potente lo è tuttora: facciamo “quando la sua potenza era percepita anche all’esterno”). Non guardate le barzellette anti-Silvio che fanno ridere solo noi, le caricature, le vignette. Guardatelo com’era quando bastava che a Sòfia lui (o uno dei suoi) alzasse un sopracciglio e a Roma la Rai chiudeva programmi e licenziava giornalisti e attori satirici. Guardate com’erano tv e società prima e dopo il 2001. Dovrebbe bastare. Dai, persino uno dei miei zii ha giurato che non lo vota più. C’è speranza per tutti.

di Massimo Sestili

PIAZZA FONTANA: LA MEMORIA DELLA STRAGE

Tag

Piazza_Fontana43 anni fa la bomba di piazza Fontana inaugurava la “strategia della tensione”, una catena di tragici attentati e disegni eversivi che avevano l’obiettivo di destabilizzare la democrazia nel nostro Paese. 17 i morti, rimasti ancora senza giustizia.

Tutti gli anni, il 12 dicembre, assistiamo alla commemorazione delle vittime della Strage alla Banca dell’Agricoltura di Piazza Fontana ma tante, troppe persone, appena girano canale hanno già smesso di ricordare.
Soprattutto tra i giovani manca una memoria storica di quei tragici anni. Colpevole la famiglia e, soprattutto le istituzioni scolastiche che terminano i programmi di storia al fascismo, come se quei terribili anni ’70 fossero stati solo una trascurabile parentesi nella storia del nostro paese.
La costruzione della nostra democrazia, invece, è passata amaramente sul sangue di quelle stragi, e non ricordarlo è un insulto verso i morti e verso tutti coloro che per anni hanno chiesto la Verità.
Pochi, troppo pochi giovani, ricordano la matrice, il filo nero che unisce tutte le stragi; addirittura molti ne attribuiscono la responsabilità al terrorismo rosso, nato solo qualche anno dopo. Sono pochi coloro che sanno che parti dello Stato tramarono con i neofascisti per mettere in atto una vera e propria strategia del terrore volta a fermare gli scioperi, la conquista dei diritti sindacali e, soprattutto, l'”avanzata comunista”.
Pochi sanno che dopo la strage i fascisti spinsero perchè il Presidente del Consiglio Rumor dichiarasse lo stato d’emergenza, che avrebbe portato ad una dittatura come quella greca dei colonnelli. I tentativi di golpe che si sono susseguiti in Italia, da quello De Lorenzo a quello Borghese, appartengono alla memoria di troppo pochi italiani.
Decenni di indagini hanno fatto emergere verità agghiacciantI: depistaggi ad opera dei Servizi, coperture e connivenze con i neofascisti, fino alla scoperta dell’esistenza di una struttura segreta paramilitare della Nato, Gladio, che aveva il compito di vigilare i confini italiani in vista di un ipotetica invasione comunista e aveva l’ordine di intervenire in caso il Partito comunista italiano avesse vinto le elezioni.
Conoscere quel che successe in quegli anni è portare un enorme peso, ma è il peso della verità, un peso necessario per la nostra democrazia. Ed essa non ha futuro se i nostri giovani non hanno memoria.
La democrazia è qualcosa di fragile e di non definitivamente acquisito; non si dimentichi che i diritti civili di cui oggi godiamo sono stati conquistati in anni di lotte e sono costati il sangue di molti.
E’ importante che i giovani conoscano la storia per evitare che la futura classe dirigente non metta mai più una presunta “ragion di Stato” a giustificazione del sacrificio di vite innocenti. E’ importante che i giovani studino, anche per allontanarli da una possibile attrazione esercitata oggi dai movimenti neofascisti, che si approfittano della diffusa ignoranza per riscrivere la storia. I giovani devono sapere che trame antidemocratiche messe in atto in quegli anni portarono l’Italia sull’orlo di una nuova guerra civile.
In questi ultimi anni stiamo assistendo troppo spesso a rivisitazioni della storia; si commemorano i caduti di Salò, si fanno monumenti a criminali di guerra come Graziani, si cerca di cancellare la parola “fascista” dalla scritta “vittime del terrorismo fascista” in cima alla targa in ricordo delle vittime della strage alla stazione di Bologna. Non coltivare la memoria di quello che successe in quegli anni purtroppo può portare anche a questo; che qualcuno si permetta di riscrivere la storia, uccidendo una seconda volta le vittime di quelle stragi.
Costruire una memoria storica condivisa della Strage di Piazza Fontana e di tutte le stragi messe in atto nell’ambito della “strategia della tensione” è nostro diritto e dovere di cittadini democratici.
Lo Stato italiano non è riuscito a restituire giustizia alle vittime, e i parenti hanno subito anche la beffa di vedersi chiedere le spese processuali. L’unica giustizia che noi cittadini democratici oggi possiamo rendere alle vittime della strage di 43 anni fa si chiama Memoria.

di Chiara Betto

I due candidati del Partito Democratico

Tag

, , , , , , , , , , , , , ,

Perché Matteo Renzi

Il momento politico che stiamo vivendo in Italia non è un momento come gli altri: stiamo attraversando un periodo di cambiamento, ricco di fermenti che, purtroppo, spesso sfociano nell’antipolitica. E’ ovvio perciò, che se non si vuole cadere in quest’ultima, serve un progetto politico fondato sul cambiamento e sulla comprensione della complessità del momento che stiamo attraversando. Ciò che Matteo Renzi ha in mente va proprio in questa direzione: in primo luogo la volontà di una coalizione costruita intorno al programma del PD, un Partito che così riscoprirebbe la sua naturale vocazione maggioritaria, dopo che la storia recente ha dimostrato che le coalizioni costruite solo per strappare qualche voto in più servono a poco e, soprattutto, durano poco. Importante è anche la necessità di un rinnovamento della classe politica del Centrosinistra: qui non si tratta di allontanare d’autorità qualcuno solo perchè la sua carta d’identità dice che è “vecchio” o perchè siede da troppo tempo in Parlamento, chi ne ha le qualità è il benvenuto a rimanerci a prescindere dall’anzianità anagrafica e di servizio, ma si tratta di prendere atto che abbiamo molti politici che continuano a ricoprire incarichi importanti da anni anche se il loro contributo si è, fatti alla mano, da tempo esaurito. Ma passiamo ai temi più concreti: Matteo Renzi ha chiare più degli altri candidati quali saranno le sfide cruciali della prossima generazione. L’Ambiente, ad esempio, tema che si è ovunque dimostrato cruciale e trattato come marginale dagli altri candidati, ma anche la cultura, tema per anni usato al massimo come specchietto per le allodole ma che può essere una risorsa fondamentale per l’Italia capace anche di portarci fuori dalla crisi, una riforma delle istituzioni, il tutto volto a rendere l’Italia uno Stato veramente liberale, in cui un cittadino non deve essere soffocato dalla burocrazia per poter fare qualsiasi cosa, ma possa, in piena libertà, dare il suo contributo allo Stato ed alla società, facendoli crescere economicamente e non solo. L’Italia sta vivendo una grande sfida, in questo momento. Matteo Renzi questa cosa la ha molto chiara, e sa che se il Paese la perderà, recuperare sarà ancora più arduo e che per vincerla bisogna, in primo luogo, comprendere la complessità del momento.

di Stefano Mentana

Perché Pier Luigi Bersani

Voto Bersani perchè sono convinto che sia la migliore speranza per il nostro Paese, l’unica. E’ la migliore speranza perchè ha già una forte esperienza di governo alle spalle, a livello locale come al livello nazionale; è la migliore speranza perchè è una persona onesta, modesta, sobria, seria e concreta; perchè parla la lingua della verità, perchè in Italia da quando è Segretario del Partito Democratico la Politica ha ricominciato a parlare di Sinistra, Lavoro e dei più deboli. Questo per quanto mi rguarda basterebbe anche a convincere i più a sostenerlo fortemente, già al primo turno ma parliamo di politica, parliamo della sua proposta. Il tema più complesso, riguardo i candidati in campo, è sicuramente quello delle alleanze: c’è chi ripropone di andare “da soli” come volle Veltroni le scorse elezioni, c’è chi vuole ripartire dalla sola coalizione delle primarie (Partito Democratico, Sinistra Ecologia e Libertà, Partito Socialista Italiano) e c’è Bersani che crede che questa vada corretta con un’idea di Paese che ha bisogno di tutte quelle forze che vogliono contribuire alla sua crescita economica e democratica, che propone quello, che in altri tempi e modi, ha provato a fare Berlinguer con Moro, un’alleanza tra progressisti e moderati. Un’alleanza matura che deve ambire a governare il nostro Paese e cambiarlo profondamente, l’unica che può farlo fino in fondo. Poi dobiamo bene ragionare su cosa andremo a votare domenica, le primarie sono per scegliere il candidato a Presidente del Consiglio italiano, un uomo o una donna che dovrà rappresentarci nel mondo, a tavoli come quello del G8 e del G20, un uomo o una donna che si ritroveranno a governare un paese che mai si è avvicinato così al baratro, che fino a qualche mese fà rischiava di “finire come la Grecia”. E ripartiamo proprio da qui, dalla scena europea e internazionale: da una parte la scelta di Monti e dall’altra il volere un Europa socialista e progressista. Monti è stata la scelta più difficile che ha dovuto prendere Bersani ma anche quella che ben ci fà capire la sua personalità: sarebbe stato facile alla caduta di Berlusconi chiedere le elezioni, le avrebbe vinte il PD e le avrebbe vinte Bersani ma il Partito tutto e il Segretario in primis hanno anteposto agli interessi particolari quelli generali, quelli dell’Italia e hanno scelto di fare un passo indietro perchè il Paese viene prima di tutto e vincere sulle macerie altrui non avrebbe avuto senso. La caduta di Berlusconi, Monti Premier sono state frutto dell’azione parlamentare del PD, del PD tutto e di Bersani, la migliore proposta anche per superare Monti non poteva che venire da noi, dicevamo “con Monti, oltre Monti” e quindi ora le nostre parole d’ordine, quelle di Pierluigi Bersani sono una modifica per quanto forte, all’azione portata avanti dall’attuale Primo Ministro: più lavoro, più uguaglianza e più diritti. Tre semplici ma allo stesso tempo fondamentali parole che danno il tratto dell’azione che sarà portata avanti una volta al governo, un cambiamento radicale ma che sarà portato avanti gradualmente. Europa è un’altra parola molto importante nel vocabolario di Bersani, lo è soprattutto per noi giovani ragazzi del Partito che scegliamo di votare Bersani domenica 25 novembre, perchè per noi l’Europa è un’altra speranza, è la possibilità di non venire schiacciati dalle imponenti economie che ci circondano, è una garanzia di protezione dalla Finanza da parte della Politica, è un’idea che portiamo avanti da tempo, è quello che abbiamo visto fare a Hollande e che sarà capace di portare in campo in Itlia Bersani.

Di Guido Staffieri

Futbol mix – Socrates 2012

Tag

, , , , , , , ,

Nell’ambito dell’Action Week promosso dalla Rete Fare – Football against racism in Europe, la Polisportiva Socrates ha organizzato per sabato 10 novembre “Futbol mix” torneo di calcio a 5 contro le discriminazioni di razza e di sesso. Il Torneo rientra all’interno di una serie di eventi, manifestazioni sportive e culturali che porteranno alla European Rome Cup nel 2013.

Le iscrizioni per le squadre, che dovranno essere composte da un minimo di 5 ad un massimo di 10 giocatori dovranno essere inviate entro e non oltre la mezzanotte di venerdì 9 novembre, in maniera tale da permettere agli organizzatori di stilare il calendario dei minitriangolari che formeranno il torneo.

Le iscrizioni dovranno essere inviate all’indirizzo di posta elettronica polisportivasocrates@gmail.comoppure sulla mail della pagina facebook della Polisportiva Socrates. L’appuntamento è fissato per le ore 13.30 presso l’impianto sportivo Fulvio Bernardini – Via dell’Acqua Marcia 51(Metro B – Pietralata).

L’orario d’inizio delle partite è fissato per le ore 14.30 Per l’occasione la nostra Polisportiva ha stilato un decalogo da far sottoscrivere alle associazioni che incontreremo nel nostro cammino.

La scelta di individuare nel Centro Sportivo Fulvio Bernardini il luogo di svolgimento della manifestazione è dovuto ai legami che la nostra associazione mantiene con il quartiere di Pietralata e con l’Unione italiana sport per Tutti.

Fb: Polisportiva Socrates

Twitter: @polsocrates

blog: polisposrtivasocrates.wordpress.com

Perché Obama

Tag

, , , , , , ,

Quattro anni fa, gli Stati Uniti, dopo otto anni di amministrazione Bush, proprio mentre esplodeva la crisi economica del 2008, mossi dalla speranza e de una volontà di cambiamento hanno scelto Barack Obama come nuovo Presidente. Questi quattro anni sono stati, per il Mondo, anni assai complessi, soprattutto dal punto di vista Economico, e gli USA non hanno fatto eccezione: con un alto debito pubblico che li ha portati vicini al default, Barack Obama ha avuto serie difficoltà a poter mettere in atto la sua ambiziosa opera riformatrice volta a diminuire le differenze sociali in un paese così vasto e variegato. La sua riforma Sanitaria, il così detto Obama Care, volto a rendere una Sanità pubblica per pochi come quella degli Stati Uniti un servizio veramente pubblico, è stata forse uno dei simboli dell’attività del primo mandato di Obama Presidente: suo cavallo di battaglia in campagna elettorale, dal lungo iter legislativo, per via delle opposizioni trovate anche all’interno dei Democratici stessi, la legge ha reso più solido il consenso di Obama in parti deboli della popolazione come gli Afro-Americani che erano già stati il suo zoccolo duro alle elezioni del 2008, ma gli ha inviso ulteriormente altre aree dell’elettorato, a partire da quella più conservatrice. Quest’area politica, infatti, si è mostrata molto attiva nell’opposizione ad Obama, ed in seno ad essa è nato il movimento dei Tea Party, ultraconservatore, anti-tasse e radicato prevalentemente nella popolazione bianca, che ha in molti casi letteralmente dettato l’agenda politica dei Repubblicani, attivi nel costruire l’alternativa ad Obama. Quando poi i Repubblicani sono stati chiamati a scegliere, tramite le Primarie, il candidato da opporre ad Obama, sono partiti dal presupposto che difficilmente avrebbero trovato una persona più carismatica del Presidente: sono così iniziate delle Primarie che hanno visto la vittoria di Mitt Romney, candidato favorito fin dall’inizio seppur appartenente all’area più liberale del partito, area che nell’opposizione ad Obama ha avuto un ruolo ben più marginale di quella conservatrice, e probabilmente per questo la vittoria è stata più sofferta del previsto, grazie anche al sorprendente exploit del conservatore Rick Santorum. I Repubblicani si sono trovati così a dover lanciare la sfida ad Obama con un candidato come Romney che, complice anche il poco carisma, rischiava di non arrivare all’elettorato del Tea Party che tanta importanza si era guadagnato, e questo li ha costretti a scegliere come candidato Vicepresidente Paul Ryan, giovane membro del Congresso ultraconservatore.

di Stefano Mentana

I nuovi municipi di Roma Capitale

Roma Capitale, ma non troppo.
Costituzione della Repubblica Italiana , Titolo V, art. 114, comma 3: « Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento. » Ma che succede quando lo Stato è impegnato nella riforma dell’ordinamento della sua Capitale in contemporanea con l’ormai irrinunciabile riduzione delle Province e la riforma delle leggi Regionali? Esattamente i cittadini romani non lo sanno ancora.
Ne hanno avuto una percezione in alcuni trionfanti manifesti appesi come al solito “alla peggio” (che promettevano anche 600milioni di euro nei bilanci comunali mai arrivati n.d.r.) e nelle divise dei vecchi “pizzardoni” che potevano fare sfoggio sulle loro giubbe blu e sulle loro punto bianche della nuova dicitura Roma Capitale… correva l’anno 2009. Da quel dì niente più notizie che potessero spiegare quale fosse la differenza tra il vecchio cittadino di Roma ed il nuovo cittadino di Roma Capitale.
Ma vediamo di capirci qualcosa continuando a leggere la giurisprudenza: « Roma capitale è un ente territoriale, i cui attuali confini sono quelli del comune di Roma, e dispone di speciale autonomia, statutaria, amministrativa e finanziaria, nei limiti stabiliti dalla Costituzione. L’ordinamento di Roma Capitale è diretto a garantire il miglior assetto delle funzioni che Roma è chiamata a svolgere quale sede degli organi costituzionali nonché delle rappresentanze diplomatiche degli Stati esteri, ivi presenti presso la Repubblica italiana, presso lo Stato della Città del Vaticano e presso le istituzioni internazionali. » (legge 42/2009, art.24 c.2). Con la legge sul federalismo fiscale, approvata nel 2009, che peraltro avvia definitivamente l’istituzione dell’ente, Roma potrà beneficiare di una maggiore gestione amministrativa e competenze sul territorio. Il 26 luglio 2010 la Provincia di Roma ha approvato il decreto che sancisce la creazione del nuovo ente, che ha preso il posto del comune ed avrà un proprio statuto. Successivamente il Consiglio dei Ministri, approva il il 17 settembre 2010 un decreto legislativo che, in attesa dell’attuazione della disciplina delle città metropolitane, detta norme transitorie per Roma capitale
Entro il mese di aprile 2011, ovvero sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo approvato dal consiglio dei ministri il 17 settembre 2010, l’assemblea capitolina avrebbe dovuto approvare lo statuto di Roma Capitale, che entrerà in vigore il giorno successivo alla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Ma ovviamente, siamo in Italia. Rispettare una scadenza che riguarda l’amministrazione di oltre 1.285,31 km² e di quasi 3 milioni di abitanti nel Bel Paese non è mai cosa semplice. In particolare modo se le domande che attanagliano il Sindaco, la Giunta e la Maggioranza (ed anche una parte dell’opposizione) dell’attuale Assemblea capitolina sono “Alemanno si ricandida? Se ne va in parlamento? Ora cosa facciamo, chi candidiamo Sindaco? Ma la Regione doveva attribuirci delle nuove competenze ed ora come si fa’ che la Polverini si è dimessa? Ma si è dimessa? In Regione quando si vota? Magari se votiamo prima in Regione riusciamo nei due o tre mesi di distanza dalle elezioni comunali a fare la delibera ed ottenere le competenze dal nuovo Governatore!
Alcune dati sono però ormai certi: Le nuove competenze che lo Stato ha assegnato (sulla carta) a Roma Capitale riguardano la valorizzazione dei beni storici, artistici, ambientali e fluviali; lo sviluppo economico e sociale di Roma capitale, con particolare riferimento al settore produttivo e turistico; lo sviluppo urbano e pianificazione territoriale; l’edilizia pubblica e privata; l’ organizzazione e funzionamento dei servizi urbani e di collegamento con i comuni limitrofi, con particolare riferimento al trasporto pubblico e alla mobilità; la protezione civile,(chiamo Eseccito). Tutto questo in collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Regione Lazio; ulteriori funzioni possono essere delegate dallo Stato italiano e dalla Regione Lazio, ai sensi dell’art. 118, secondo comma, della Costituzione italiana. Ed ora i numeri: i Consiglieri Comunali diverranno Consiglieri dell’Assemblea Capitolina e non saranno più 60 ma 48. Gli assessori rimarranno 12. I Municipi da 19 diventeranno 15. Con un Risparmio netto per pro capite di poco più di 10 euro l’anno. Quali municipi verranno accorpati non ci è dato ancora sapere. Di nuove competenze per i mini-parlamentini neanche a parlarne.
L’accorpamento dei Municipi, ha scatenato in alcuni casi “conflitti” tra quartieri che non si vedevano nella Città dall’epoca dei “più” della fine dell’800, anticipando l’attuale situazione che vede coinvolti i Pisani e i Livornesi in occasione dell’accorpamento delle loro rispettive province. Insomma, sembra vacillare dopo più di 2000 anni la vecchia locuzione di liceale memoria “Civis Romanus sum”.
Sorge spontanea una domanda: In un periodo di riforma dell’architettura delle Istituzioni, dove si riducono le Province, si bacchettano le Regioni e si vuole cambiare la legge elettorale (si vuole cambiare? Mah!) non sarebbe stato meglio in questi 3 anni intraprendere un percorso di istituzione della nuova “Area Metropolitana di Roma” ovvero il territorio che comprende Roma e i comuni limitrofi che hanno con esso stretti rapporti di integrazione di tipo economico, culturale, sociale, territoriale istituita nel lontano 1995?
Secondo tale ipotesi Roma, avrebbe avuto due strade di fronte a se o essere formata da 135 comuni metropolitani (gli attuali 15 municipi di Roma che avrebbero assunto il ruolo di Comune e non più di “frazione di Comune) più i 120 comuni della provincia) o da 57 (15 municipi più 42 comuni, quelli di prima fascia). Con competenze degne di una Regione a Statuto Speciale, dai porti ed aeroporti fino agli ammortizzatori sociali. E allora sì che avremmo reso giustizia all’aggettivo Capitale.
Francesco Di Giovanni