Nella vita mediatica del paese, campeggiano ormai sempre le stesse
notizie.
Il dibattito Nazionale si divide tra le vicende vaticane, l’ingovernabilità,
Grillo, il semestre bianco della Presidenza della Repubblica e chi sarà la
lepre e chi i cani nella corsa al Campidoglio.
Il dato delle elezioni parla chiaro, non è importante l’ideale, non è
sostanziale la proposta, conta solo chi strilla di più contro “la casta”.
Del resto dopo oltre venti anni di B. come si fa a pensare che la Politica
possa essere al centro di una discussione sana.
Ormai siamo nelle giungla. Quando il popolo ha fame taglia la testa al re
e qualcuno ci guadagna sempre; in questo caso lo share e la tiratura della
carta stampata.
Queste righe non vogliono essere l’ennesima analisi del voto, della
sconfitta, della vittoria di Bersani di Grillo o del Professore senza cattedra.
Si vuole mettere in luce ciò che conviene rimanga al buio, chiuso in
soffitta.
Abbiamo sentito discutere, con molta ipocrisia, del finanziamento pubblico
ai Partiti.
In tutto questo, come al solito, ci si dimentica del popolo che taglia la testa
al re.
Ci si dimentica dei lavoratori dell’ILVA, ci si dimentica del 35% di
disoccupazione giovanile. Questo dato è basato sulle liste di iscrizione al
collocamento, dove dubito che tutti i giovani di questo paese siano iscritti,
quindi un dato tendenzialmente falsato in difetto. Chi ne fa le spese,
quindi, sono sempre gli stessi.
Ma non confondiamo le cose, procediamo un passo alla volta, prima
gattonando e poi mettendoci in piedi.
Finanziamento pubblico ai partiti, trovo particolarmente singolare, che il
tema riguardi solo un partito, cioè il PD, ma altrettanto strano è che i più
accaniti “medici” della malattia, con proposte e dossier, siano giornali e
case editrici che tra l’incudine ed il martello, beccano complessivamente
850 milioni di euro dallo Stato italiano.
Vorrei, per un secondo, immaginare una Italia in cui i partiti si debbano
auto-finanziare: cosa succederebbe?
Ogni Partito – Movimento – Lista cercherebbe dei finanziatori privati, cioè
detentori di grandi capitali pronti a sovvenzionare un sistema di persone,
corde e cordate, legati da un simbolo, con il fine di sedersi comodamente
dentro palazzo Chigi.
Quali sarebbero le conseguenze più immediate?
Chi in Italia si può, oggi, permettere di sovvenzionare, in maniera più o
meno pesante, un partito? Un giornale?
Partendo dal dato che il 10% delle famiglie detiene il 50% della ricchezza
in Italia, si può facilmente desumere che solo quel 10% potrebbe, nel bene
o nel male, investire soldi nella politica e che, di conseguenza la politica,
la democrazia, le decisioni, la sorte del restante 90% delle famiglie
dipenderebbe non da un voto democratico, non da ciò che la nostra
Costituzione prevede, ma da quello di cui quel 10% ha bisogno.
In questo contesto, per i detentori di ricchezza, il finanziamento ad un
partito o movimento non sarebbe altro che un investimento in quanto i
soldi “investiti” sarebbero ampiamente recuperati con appalti, candidature
a Camera o Senato oppure incarichi pubblici molto redditizi. Il dato si
evince chiaramente se guardiamo ad un partito formato da imprenditori,
banchieri alti dirigenti privati e persone che vanno ricompensate (con un
posto in Parlamento o in Consiglio Regionale), per i loro servigi resi al
“capo”. Il finanziamento ai partiti è, quindi, un falso problema: il problema
vero è il livello di questi finanziamenti e come essi vengono utilizzati.
Stranamene, quando si parla di sperpero di danaro pubblico, non si parla
mai degli stipendi di dirigenti (nemmeno tanto alti) dello stato. Non si
parla di meccanismi assurdi che producono pensioni esorbitanti e di enti,
finanziati dallo stato, che elargiscono stipendi da favola ai loro dipendenti.
Quello che è peggio e che questa fascia di persone non viene toccata! Si
chiedono sacrifici solo a pensionati, operai ed impiegati. Come se i conti
dello stato non tornassero per loro colpa e non per lo spreco che viene fatto
dei soldi pubblici.
Credo che questa sia solo la punta di un ice-berg.
“Quando si chiedono sacrifici alla gente che lavora, ci vuole un grande
consenso, una grande credibilità politica e la capacità di colpire esosi e
intollerabili privilegi.”
E. Berlinguer
Questo, dovrebbe essere oggi al centro del dibattito politico, questo
dovrebbe interessare tutti noi.
E invece no, si continuano e si sovvenzionano guerre fratricide che non
fanno altro che allontanare le persone dal loro futuro, dalla Politica.
Non si può pensare che tagliando, tagliando, tagliando, si arrivi in qualche
modo alla soluzione del Problema.
Non si può cedere a chi con anatemi ed insulti si fa largo a spallate,
prendendo in giro gli italiani con false promesse, urla e strilli e mettendo in
dubbio la democrazia. Democrazia che porta sulle spalle la vita di migliaia
di nostri concittadini, vite spente sempre di più, in ogni decennio tra lo
scorso e questo secolo.
Non si può permettere o dare quartiere al ritorno di parole d’ordine basate
sulla violenza, sull’odio, sull’ambiguità del populismo.
Non si può, oggi, non pensare, di Difendere la Ditta e salvare solo se stessi
o la propria sorte e carriera.
Difendere la Ditta vuol dire difendere la possibilità di un futuro,
democratico e di pace, per noi e per i nostri figli.
Io credo che per “proseguire il viaggio” non sia necessario andare molto
lontani, a tale proposito prendo a spunto, per mettere a conoscenza di chi
lo ignora, pur sedendo nelle istituzioni, e di chi l’ha dimenticato, l’articolo
4 della Costituzione, che recita così:
“La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove
le condizioni che rendano effettivo questo diritto.”
“Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità
e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso
materiale o spirituale della società.”
Io credo che oggi questo non avvenga! Credo fortemente che nel minare
la democrazia, nell’accendere solo la macchina del fango, perché pagati
per fare solo ciò, più di qualche “cittadino” disattenda l’essenza stessa di
questo incommensurabile articolo della nostra Costituzione.
Nel disattenderlo, cui prodest?
A chi conviene, riflettete!? Mentre parliamo delle frasi show, senza ragion
pratica, di grillo, chi continua a mangiare soldi, chi continua a guadagnare
più di 450 volte lo stipendio medio dei suoi operai?
E’ chiaro che la condizione va migliorata, che ci sono colpe, che ci sono
sprechi, che c’è corruzione, che c’è un becero arrivismo, che si guarda più
al bene personale che al bene del Comune.
Ma non si può eliminare questo se non si riesce a restituire dignità al
lavoro e lavoro a chi non ne ha.
Una volta che al popolo, alle persone, verrà restituita la possibilità di
non pensare più solo al quotidiano, allora e solo allora, saremo pronti a
cambiare il paese, allora e solo allora potremo portare una rivoluzione
culturale e civile che finalmente consegni il nostro paese ad una reale
terza repubblica, poggiata saldamente sull’ambizione di una società che si
migliora.
“Nessuna conquista è per sempre. C’è sempre qualcuno che è interessato
a toglierla per questo resistere è non solo un dovere ma una necessità.
Altrimenti non si va avanti.”
L.D.T.